TEATRO DI DOCUMENTI - v. Nicola Zabaglia, 42 – Roma
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L‘ULTIMO SORRISO DI UN CONDANNATO A MORTE
di Gianluca Riggi

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venerdí17 e sabato 18 gennaio 2025 ore 21.00
domenica 19 gennaio 2025 ore 18.00

L‘ULTIMO SORRISO DI UN CONDANNATO A MORTE
di Gianluca Riggi

Con Fabio Bisceglie, Valerio Bonanni, Gianluca Riggi.


È una nuova drammaturgia ambientata nella contemporaneità della guerra che ci circonda e che sta travolgendo l‘Europa.
Tre uomini sotto una tenda, o in un ambiente concentrazionario.
Li vediamo ogni mattina al loro risveglio.
Ogni mattina ognuno di loro prende vita, con tempi diversi, ed ogni mattina compiono la stessa sequenza di gesti, quasi rituali, la stessa sequenza di parole e discorsi.
La ripetizione ossessiva assume toni di comicità, la realtà diviene surreale, il grottesco ed il comico anticipa inesorabilmente il tragico.
Di mattina in mattina sempre tutto uguale, nulla cambia, tutto è immobile sotto la tenda, l‘unica cosa che sembra variare è il ronzio dei calabroni esterni alla tenda, quando sembrano essersi quietati, per pochi istanti, ecco che qualcosa di nuovo sta accadendo, e poi nuovamente tornano i calabroni, il ronzio ad ogni ripresa è sempre pił forte, i tre personaggi lo introiettano, lo assimilano nei loro gesti, sembrano non accorgersene, inizialmente.
Quando parlano devono superare con il volume della voce il ronzio dei calabroni, assolutamente impassibili agli agenti esterni, i loro corpi si fanno di mattina in mattina sempre pił nervosi e scattanti, aggressivi, gli uni contro gli altri.
Improvvisamente i calabroni tacciono, sembra tornare la calma, i volti si rilassano, le voci divengono umane, i corpi trovano la quiete, tre minuti appena.
Non ci sono riferimenti specifici ad una guerra in particolare, alla fine tutte le guerre possono dirsi uguali.
C‘è sempre qualcuno che muore, che soffre, generalmente sono i giovani che combattono, le mogli e i figli restano a casa e verranno bombardati o dovranno fuggire, i vecchi scappano, rimangono per piú tempo attaccati alla memoria e agli affetti della propria terra, tutti sono inermi in realtà dinanzi alla follia disumana di una guerra, di qualsiasi guerra.
La memoria corre veloce, logicamente, al conflitto israelo–palestinese dove un popolo di supplici si raccoglie lungo il confine sotto delle tende.
Il ronzio dei calabroni è il rumore degli aerei che i nemici usano nelle ore diurne e notturne per non dare requie, mai, al popolo degli inermi.
Non far dormire il proprio nemico è una tecnica antica, usata dall‘aeronautica israeliana, ma utilizzata anche dai talebani nei confronti delle truppe Nato in Afghanistan, e la usavano gli inglesi contro i tedeschi, ed i tedeschi contro gli inglesi nella seconda guerra mondiale.
Già Shakespeare si scagliava contro la guerra e le guerre, fatta da uomini anziani che mandano a morire i propri figli, cosí scriveva, e prima di lui Aristofane, con la Lisistrata, ed i tragici greci, tutti si schierano sempre dalla parte dei “Supplici” degli “Inermi”.
La guerra rappresenta un conflitto generazionale capovolto, Freud ci insegna che i figli devono uccidere i propri padri per sostituirsi ad essi e prendere il potere, la guerra, ogni guerra, capovolge il complesso edipico, sono i padri che mandano a morire i figli, per continuare a perpetrare il proprio potere sulla terra, e la storia non si fa memoria che insegna, ma semplicemente una materia noiosa da studiare.
Una produzione SemiVolanti A.P.S.




     
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