TEATRO DI DOCUMENTI - v. Nicola Zabaglia, 42 – Roma
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SINFONIA D'AUTUNNO di Ingmar Bergman

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dal 31 ottobre al 5 novembre
SINFONIA D‘AUTUNNO di Ingmar Bergman.
regia di Rosario Tronnolone.
Con Evelina Nazzari e Arianna Ilari.
Prod. La Compagnia dei Masnadieri, Roma.
Con il patrocinio dell‘Ambasciata di Svezia.


La traduzione esatta del titolo originale, Höstsonaten, è Sonata d‘autunno, e non Sinfonia (la maggiore enfasi strumentale del titolo italiano fu dovuta alla scarsa considerazione da parte dei distributori italiani per la cultura musicale del pubblico).
Bergman struttura infatti il suo testo riferendosi con precisione alla composizione musicale a carattere strumentale scandita in tre movimenti detta Sonata, e lo definisce “una sonata a due voci. Due violoncelli, perché il timbro è grave”.
Parlano molto Charlotte ed Eva, madre e figlia, ma non si comprendono. In realtà usano lingue diverse.
Eva è cresciuta, dice, tra le belle parole, ma quando queste sono contraddette dall‘atteggiamento o dall‘enfasi non sono apertura, ma chiusura; non porte, ma barriere.
Charlotte sa esprimere sentimenti autentici solo attraverso la musica, non si permette (e non permette a nessuno) di portare le parole ad un livello emozionale coinvolgente.
Tutta la sua sfera emozionale, la sua volontà, la sua ambizione e la sua ansia sono state convogliate nella musica, l‘unica dimensione nella quale si sente libera di esprimersi, l‘unico linguaggio che è in grado di comprendere e col quale sa comunicare.
Ciò appare con solare evidenza nella scena chiave della doppia esecuzione del preludio, metafora del rapporto che lega e separa madre e figlia, e prima esplosione silenziosa e latente del conflitto che le dilania; perché se le parole si limitano ad accampare deboli scuse, a cercare ansiosamente un cenno d‘approvazione e a rassicurare frettolosamente, la musica rivela bisogni e insicurezze, rievoca astio e rimozioni, denuncia egoismo, invidia, paura, sopraffazione, amore.
Il Preludio n°2 di Chopin è arcano, allusivo, sfuggente: si basa su un accompagnamento costante, ossessivo, solenne, su cui si poggia provvisoriamente un inciso melodico instabile, dissonante, che sembra ad un tratto smarrirsi, esitare, e rimanere infine sospeso, sgomento, incompiuto.
È metafora di un dolore represso, incessante, di cui è inadeguata espressione una voce incerta.
È il ritratto di entrambe.

ROSARIO TRONNOLONE, regista e attore, ha curato le regie de La visita della vecchia signora di Dürrenmatt, Il gabbiano di Cechov, Il re muore di Ionesco, Persona di Ingmar Bergman, Mariti e mogli di Woody Allen, Il leone d‘inverno di James Goldman, La voce umana di Cocteau, Tradimenti di Pinter, Hedda Gabler Ibsen, di Pietà di Astrid Saalbach, Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman, Il piccolo principe di Saint–Exupéry, Vecchi tempi di Pinter, Giovanna d‘Arco di Maria Luisa Spaziani, L‘elisir d‘amore di Eric Emmanuel Schmitt, Lo zoo di vetro e Improvvisamente l‘estate scorsa di Tennessee Williams, 24 ore della vita di una donna di Stefan Zweig.

     
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